Stefania Pastore

Stefania Pastore, lascia Canosa di Puglia (BAT) per studiare Lettere presso L’Università Sapienza di Roma. Obiettivo: diventare giornalista. Cambia idea e dopo varie esperienze di lavoro, Roma inizia a non dare più risposte adeguate alle sue domande. Dopo 7 anni, a gennaio, torna in Puglia. Da marzo lavora per Atres Factory, per loro realizza reportage raccontando “paesi a modo mio”.

Qui, il suo racconto….

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“Il ritorno. Credo ci siano letterature infinite su i ritorni, reali, immaginati, sperati, auspicati, mancati, negati. Le radici. Si dice che un albero sia più forte quanto più siano forti e ben aggrappate al suolo le sue radici. Con una base solida l’albero riesce con più facilità ad espandersi, ad allungare le sue chiome, a crescere. Se non ci fossero quelle radici l’albero potrebbe tirare avanti per un po’, con l’inganno, l’illusione che l’aria possa bastargli. Ma non durerebbe molto. Quella tra l’albero e l’aria sarebbe una storia superficiale, destinata a fallire. Le radici, quelle si, belle, grosse, contorte, stravaganti, portanti. Alcune volte capita che però la terra si ammali, si distragga per un po’, troppi pensieri, troppe preoccupazioni. – Dai non ho tempo per pensare a te, dice all’albero. E l’albero che fa? L’albero se ne va, prova a trapiantarsi. -Si adesso sto con quest’altra, pensa l’albero. Niente di serio eh, però ci provo. E quello ci prova davvero a farsela andare bene la terra nuova, la sistema un po’ perché assomigli il più possibile alla sua. – Tanto la terra è terra ovunque, così pensa. -Niente, non va, prova a capirmi, ma niente. Mi manca la mia terra, l’odore, il colore, il modo in cui posso affondare le mie radici, mi manca arida, asciugata dal sole, mi manca morbida, quando piove. L’albero ci pensa un po’ su, pensa a quanta fatica deve fare per far si che possa dire: è la mia terra e ne vado fiero. Poi pensa che quella terra è sua madre, che è suo padre anche, sua sorella, sua nonna, sua nipote, sua zia, suo nonno. È sua e quando una cosa è tua devi occupartene. Ci devi almeno provare. L’albero decide di tornare, lui e la sua terra sono andati a convivere. I primi tempi, si sa, sono complicati. Discutono molto. Ma l’amore c’è. Tutto l’amore che c’è.

Questo, riassumendo, è quello che è successo a me e a tanti altri. Guardate, io proprio non me lo ricordavo che volesse dire sentirsi parte di un luogo. È strano, sai che non gli devi spiegazioni. Il tuo luogo se ne sta lì come un vecchietto dietro la vetrina in attesa dei nipotini. Parliamoci chiaro, quando si parla di ritorno e quando questo ritorno riguarda un paesino del Sud Italia, le cose si fanno complicate. Sapete qual è la cosa che più temo, la domanda che più mi mette a disagio, mi disorienta, mi disarma? E tu? Ecco, questo “e”, congiunzione, con “tu”, seconda persona singolare, seguito da punto interrogativo insinuante, è una di quelle cose che mi provoca dolore fisico quasi. Perché in quel -e tu- c’è un sacco di roba: e tu perché sei tornata? E tu il lavoro? E tu il fidanzato? E tu il matrimonio? E tu i figli? E tu la famiglia? E tu? Tu! Proprio tu, quando ti muovi? Eppur si muove! Diceva quello là. E io? Io ritorno e ci provo. Ci provo a dare un senso, a fidarmi dell’istinto, della mia natura. – Sei una tosta, con le palle. Così mi dicono. Ebbene cari, le palle non mi servono. E tu? Chi, io? Io voglio essere una femmina pugliese, con la vagina. La Puglia, d’altronde, è un gran bel pezzo di gnocca.”

Stefania Pastore per BaS

Stefania Emmanuele

Stefania Emmanuele, torna a Civita (Calabria) dopo più di 10 anni a Roma. Sceglie però, non il suo paese di nascita ma quello dei nonni paterni. Appassionata di cultura, arte, natura… crea un mondo “magico” che cerca di valorizzare la meravigliosa terra in cui vive attraverso l’ospitalità familiare a “Km zero”.

Questo il suo libero racconto:

StefaniaEmmanuele“Il ritorno in Calabria è avvenuto visceralmente, senza grandi progetti e strategie, dopo più di un decennio trascorso a Roma. Ma il ritorno per me è stato ancora più intimo perché non ho riabitato la cittadina in cui ho vissuto per 18 anni, bensì il paese dei nonni paterni, dove da bambina mi recavo le domeniche e in cui i ricordi erano quelli del caminetto acceso, della merenda con pane e pomodoro e dei giochi pericolosi lungo le timpe di roccia.

Il mio ritorno è stato uno strano ritorno. Vivere in un villaggio di poche anime e ritrovarsi catapultati in una dimensione completamente opposta a quella di una grande metropoli. Ritmi lenti, giornate lunghissime, relazioni interpersonali dirette, ma paradossalmente chiuse, più chiuse di quanto potessi immaginare. I primi cinque anni a Civita sono stati come una startup della mia ragione di vita, piena di contrasti, conflitti ed esperienze difficili, in cui ho dovuto rielaborare quasi tutto di me e del mio ruolo nel mondo. Civita, tuttavia mi affascinava e mi affascina tuttora, nonostante sia esattamente il paradosso della mia personalità volitiva. E’ a Civita che ho iniziato ad alimentare la mia vena artistica e posso immaginare che questa nasca come estrema resistenza alla sofferenza, al sentirsi un po’ estranei e avulsi da una realtà che ti appartiene solo nel profondo. Mai come a Civita mi sono sentita incompresa e di questa sensazione di disagio ne ho fatto una condizione di vita e in un certo senso, senza pretese, un’opera d’arte. La mia casa nel 2008 è diventata un bed and breakfast (Il Comignolo di Sofia un po’ casa un po’ albergo) e dopo qualche anno è divenuta luogo di incontri e relazioni tra viaggiatori di diverse nazionalità; mi sembrava incredibile ed eccitante poter ospitare viaggiatori australiani, canadesi, americani, qui, in questo piccolo angolo di mondo. Mia figlia Sofia cresce in un piccolo paese di 800 anime, ma contemporaneamente vive e cresce a contatto di viaggiatori stranieri con cui si relaziona. E’ questo paradosso che trovo incredibile e affascinante; stare qui e contemporaneamente viaggiare stando fermi, se è vero che il vero viaggio è nella testa!

Il mio lavoro attuale è quello di insegnante di scuola primaria – l’unica “carta” da potermi giocare qui – un po’ inaspettato anche questo, dato che ho investito molto per costruire le mie competenze in marketing culturale e progettazione europea. Ma propormi come agente di sviluppo locale non ha sortito grandi soddisfazioni professionali, poiché non è un ruolo molto compreso nel Sud dei piccoli centri, dove gli enti sono “omnicompetenti” e sempre a corto di strategie di sviluppo locale. Dopo aver lavorato gratis per anni ho deciso di fare qualche passo indietro e utilizzare la mia abilitazione all’insegnamento, portando avanti una tradizione di famiglia di circa 3 generazioni. Il mio tempo quindi, è conciliare il mio lavoro di insegnante con l’attività del bed and breakfast che nel tempo è diventata anche organizzazione di piccoli eventi culturali e creazione artistica e artigiana di design autoprodotto. Le Case Kodra sono la mia passione. Si tratta di casette antropomorfe scoperte durante i primi anni a Civita dalle quali è nato un brand che sto sviluppando alimentandomi degli input dei miei ospiti, di mia figlia e degli amici. Casette che hanno un volto umano e che incredibilmente lungo 10 anni sono divenute un’attrattiva turistica e sulle quali ho pubblicato ben 3 edizioni di una guida tascabile che invita alla loro scoperta con un trekking urbano – “L’itinerario dei comignoli e delle Case Kodra”. L’appellativo Kodra celebra l’arte post cubista di un’artista albanese di fama internazionale, Ibrahim Kodra, conosciuto per caso nel 1996 e riemerso nei miei ricordi nel 2007, l’anno della sua scomparsa, in cui ho deciso di denominarle “Kodra”. Le casette ne evocano il suo messaggio poetico e provocatorio; Ibrahim Kodra era definito “Il primitivo di una nuova civiltà” e le casette antropomorfe rimandano ad un tempo quasi dimenticato, ma stupiscono per le loro espressioni chiunque le osservi. Le Case Kodra mi ricordano anche l’Urlo di Munch che è un manifesto all’indifferenza, la condanna della condizione esistenziale resa in pittura. L’urlo di Munch è suscitato da nulla e dal Nulla, proprio quel Nulla che sottende la calma apparente della vita quotidiana in un piccolo paese come Civita.

Rappresentarle ed interpretarle con tecniche artistiche svariate, dall’illustrazione su carta alla riproduzione su stoffa e terracotta, disegnate sui sassi delle nostre spiagge, è diventato il mio “tormento” preferito. Ho depositato il name “Case Kodra” e il design ed è in corso un progetto di sviluppo di un design autoprodotto e merchandising. Questo è il progetto di cui nutro le mie giornate in casa e il sogno da cui spero, molto presto, di dare un senso “creativo” al mio ritorno in Calabria.”

Stefania per BaS

Marco Nocera

Marco Nocera, torna a Brindisi dopo 8 anni a Roma. Entusiasmo contagioso, videomaker fortemente appassionato da non smettere di parlare nè di scrivere del suo settore.

“Comunicare con le immagini e con i suoni. Tutto può essere una forma d’arte se arriva dall’anima.”

Lasciamo che a parlarci di lui siano direttamente i suoi lavori, che trovate sul suo canale Youtube: Marco Nocera Videomaker e sulla sua pagina Facebook: Marco Nocera Videomaker, e la sua intervista:
Marco0Per quale motivo sei ritornato al Sud?
“Sono tornato per desiderio e necessità. Di base l’intento del ritorno è stato quello di continuare a sviluppare il mio progetto creativo e professionale nella mia città. D’altronde, negli ultimi periodi di vita capitolina si erano fatti sempre più frequenti i contatti lavorativi in Puglia, anche grazie ad un piano strategico di comunicazione attuato dall’ufficio stampa che mi supporta (con diffusione di notizie su media locali e web).”

La tua valigia del ritorno è piena di…
“Creatività ed infinito affetto per il mio ambiente (inteso come insieme di persone, luoghi ed usanze). Era un desiderio che avevo sin da piccolo: partire per imparare, “farmi le ossa” e (forse) tornare. Magari anche con un accenno di rivalsa nei confronti di chi non ha mai creduto in questo territorio. Intanto, per quanto ho fatto finora dal mio rientro, mi ritengo soddisfatto anche perché, magari per singole occasioni, sono stato un magnete per far tornare altri conterranei per alcune (seppur brevi) collaborazioni. L’aria di casa è imparagonabile!”

Complessivamente è stato un ritorno positivo o negativo?
“Positivo. Il mio è stato un ritorno desiderato. Credo nel mio territorio. Ho sempre avuto un forte legame con la mia città (che seppure non sia una città proprio facile per chi opera nel mio contesto, non mi ha mai creato timore) e mi ha elettrizzato sempre il pensiero di fare qualcosa “made in Brindisi”, che non fosse unicamente concettuale, ma sotto un punto di vista di realizzazione concreta, tangibile, con persone del posto che condividono la mia stessa passione, per diletto o per lavoro. La mia idea creativa-imprenditoriale è nata a Brindisi, si è arricchita di esperienze a Roma (e in giro per tutta l’Italia): un motivo in più per tornare stabilmente. Tutto era già pensato. Aspettavo solamente il momento giusto, che è arrivato. Tornando ho conosciuto anche nuovi amici.”

Quali sono state, se ce ne sono state, le difficoltà del rientro e cosa hai fatto per superarle?
“Le difficoltà non sono mancate, ma non hanno fatto pesare il rientro, in quanto ho giocato d’anticipo con un profondo ottimismo, che mi caratterizza sin dalla nascita.
La parte più difficile del rientro è stata la gestione logistica del viaggio di ritorno: in questa maniera mi son reso conto di come mi fossi stabilizzato a Roma, arrivando a riprodurre “in scala ridotta” il mio laboratorio domestico salentino, per poter essere comunque pienamente operativo nella capitale. Per facilitarmi il rientro a Brindisi, ho fatto spola tra le due città per 2 weekend, predisponendo gli ambienti di casa per il materiale che mi sarei portato dietro, rivendendo o regalando ciò che non mi serviva più.
Roma e Brindisi sono due dimensioni opposte, ma l’adattamento per le differenti abitudini è stato rapido: essendo estate, non ho potuto che godermi il mare salentino e le vacanze, consacrando in maniera quanto mai ludica il mio rientro. Tuttavia si rivela leggermente problematica la convivenza con i miei genitori, per via delle mie abitudini da persona indipendente. Situazione comunque risolta in modo semplice, adattandomi ad alcune “banali” regole.”

Di cosa ti occupi?
“Fondamentalmente la mia attività è di operatore multimediale, che altri chiamano più languidamente “creativo”: realizzo filmati, servizi fotografici e suoni per varie destinazioni, tra programmi televisivi, aziende, associazioni, enti. Tutto rientra nel contesto “dell’intrattenimento”, della comunicazione d’impresa o istituzionale, producendo ad esempio cortometraggi, videoclip musicali, servizi televisivi, presentazioni aziendali, ritratti fotografici, ecc. Il mio lavoro è nato dalla passione, che tutt’ora comunque esercito -senza alcun freno- per il cinema, la televisione, la fotografia e la musica, che mi ha spinto ad aprire l’impresa con cui opero attualmente. Il mio tempo libero invece, lo dedico allo sport (palestra, jogging, bicicletta), alla cucina (quando i miei genitori non ci sono!!!) e alla fotografia paesaggistica.”

 Marco Logo

Ci lasci un pensiero per BaS…
“La testimonianza di un ritorno può far desistere l’istinto di fuggire. Bentornati al Sud dimostra quanto sia importante tornare nei propri luoghi di origine, per investire le proprie conoscenze ed aiutare a crescere i propri conterranei con lo stesso amore che si prova per un figlio.”

Una rete tra tornati al Sud potrebbe essere d’aiuto e supporto a chi torna?
“Noi siamo l’esempio che tornando si può investire al Sud, dandogli un reale valore e portando con noi l’innovazione. Non c’è più grande soddisfazione che tornare a casa propria e concretizzare i propri progetti!”

Cosa dovrebbe/potrebbe fare la rete BaS?
“La rete BaS potrebbe creare delle sinergie tra chi torna, per generare collaborazioni ed una maggiore forza di sviluppo del territorio, e magari -perché no?- nuove amicizie.

Se hai dell’altro da raccontarci questo spazio è tutto per te!
“Io da casa mia non me ne sono mai andato, con l’anima. Fisicamente ho vissuto 8 anni a Roma, con il concetto di poter tornare a Brindisi, per poter fare qualcosa di concreto, che riguardasse le mie passioni.
Sin da quando ho avviato la mia impresa, nel 2008, ho scelto Brindisi come base strategica, perché il mio intento è sempre stato quello di dare visibilità alla mia città, per profondo spirito di devozione. Non ho mai creduto ad un declino, se non per svogliatezza e paura del progresso di un ambiente assetato di stimoli di crescita.
Pur stando a Roma per necessità formative, ho sempre designato Brindisi, o più in largo il Salento, come destinazione dei miei progetti. E sono sceso per girare cortometraggi, videoclip, set fotografici. Non importa la complessità dei lavori, ma la reale finalità: promuovere il territorio. La parte bella è quando si aggregano colleghi che tornano appositamente per dare il loro contributo da “Bentornati al Sud”!
Perché non ritornare? Io l’ ho fatto e per me è una vittoria (segnata da alti e bassi, come è giusto che sia) in fase continuativa, in quanto son riuscito a realizzare i miei progetti e a girarli nella mia città, o comunque nelle vicinanze, ricevendo anche interessi positivi da aziende ed enti del posto. Per me questo è un punto di partenza. Ora bisogna fare il resto, e la strada è lunga.”

Grazie Marco, ora hai degli amici in più ad accompagnarti lungo questo cammino!

Marianna per BaS

Barbara Vaglio e Luciana Zompì

Barbara Vaglio torna a Galatone (LE) da Roma e Luciana Zompì a Taviano (LE) da Bologna.

In questa intervista ci raccontano esperienze e sentimenti in cui ognuno può ritrovarsi, al rientro nel proprio paese natale. E ci parlano del loro incontro, da cui nasce un progetto che guarda al futuro. Un’ idea che vuole riempire di colore e allegria uno dei momenti più importanti nella vita di una donna: quello in cui si diventa Mamma.

Scoprite con noi il loro ritorno al Sud…

B&L Zazi

Per quale motivo siete ritornate al Sud?

Barbara: “ Non è stata una scelta, gli eventi mi hanno riportato a casa e trattenuto. Oggi sono sempre più contenta di questo ritorno e trovo nella mia terra grande ispirazione.”

Luciana: “La mia era una sfida. Rientrare a casa, con la lentezza delle giornate salentine, i suoi riti, gli affetti solidi, con il sogno di poter fare qualcosa anche in questo lembo di Sud. Son stati anni difficili, ma ho trovato il mio equilibrio e la mia dimensione in un luogo che non cambierei per nessun altro al mondo.”

La vostra valigia del ritorno è piena di…

Barbara: “Nuovi occhi, buone speranze, amicizie, incontri, stimoli e avventure. Tornare a casa, dopo Roma, mi ha permesso di guardare alla mia terra con occhi nuovi, di riscoprirla più bella e interessante, così me ne sono innamorata perdutamente. Il ritorno ha comportato grandi lotte e sfide con me stessa, portandomi però a capire che la tenacia, l’inventiva, la passione possono davvero fare la differenza, anche a Sud. E dopo tanto peregrinare lavorativo, giungo oggi a dare concretezza, con Luciana, a un progetto di ampio respiro e rivolto al mondo delle mamme, che ogni giorno mi rende più orgogliosa.”

Luciana: “Progetti, amicizie, nuove scoperte, lavori più disparati, ma anche tanto entusiasmo e voglia di non mollare.
Il rodaggio nei primi due anni ha portato sconforto, colloqui farsa, sino all’approdo alla prima occupazione reale. Ora tutti gli sforzi puntano a Zazi, un nuovo progetto a cui lavoriamo con passione e dedizione, in cui riponiamo tutte le nostre aspettative.”

Complessivamente è stato un ritorno positivo o negativo?

Barbara: “Positivo. Sono sempre più convinta che lasciare il proprio nido per andare altrove serva molto. Tornare e vedere le cose da un punto di vista nuovo, avere la voglia di osservarle e gustarle come fosse la prima volta, adeguare a un contesto piccolo una visione grande, sono conseguenze dei ritorni.”

Luciana: “Un ritorno positivo, ma non senza difficoltà. Un ritorno voluto, Bologna era cambiata, o forse lo ero io, erano cambiati i ritmi, gli amici di sempre avevano preso ognuno la sua strada. Non sono mai stata ferma, ma sono riuscita a guardare al mio paesino, così odiato negli anni dell’adolescenza, così pieno di luoghi comuni, come un punto di partenza e rinascita. E così è stato.”

Quali sono state, se ce ne sono state, le difficoltà del rientro?

Barbara: “Per me sono state passare da una città a ritmo accelerato al ritmo lento, lentissimo, del Salento. Avere moltissimi amici importanti lontani, e avere la necessità di ricreare da zero un microcosmo di relazioni, avere il dubbio di non riuscire a trovare una corrispondenza tra me, le persone e il contesto. Erano solo paure infondate, perché col passare del tempo mi sono resa conto che ero io a dovermi ricalibrare.”

Luciana: “Senza dubbio la più grande difficoltà è stata quella di rientrare a casa, a convivere con i miei genitori. Un’involuzione, una situazione che mi metteva a disagio, era come essere tornata adolescente, nella mia stessa stanza, con addosso dieci anni di più. Da qui i litigi vari, che fomentavano la voglia di andare via di nuovo, combattendo con quella che mi aveva portata a tornare. La ricerca spasmodica di un lavoro, la scrematura degli annunci, l’invio di curriculum, i primi colloqui e le prime prese per i fondelli (mi sono, non so come, ritrovata a fare dimostrazioni come commerciale, caldeggiando la vendita di creme solari piuttosto che di lampade!!). Come ho superato tutto? Maturando. Ho pensato che la prima cosa da fare fosse quella di rilassarmi, credere che tutto, prima o poi, sarebbe andato per il meglio. E così è stato! 🙂 ”

Di cosa vi occupate?

Barbara: “Ho collaborato con diverse realtà occupandomi di comunicazione, social media, content editing e digital pr. Ad oggi sono una freelance, sempre alla ricerca di nuove sfide comunicative, adoro scrivere, andare in bicicletta, fare brainstorming con Luciana. Insieme ci divertiamo un mondo, ce lo conferma Zazi, il premaman irriverente che offre una soluzione alternativa alle mamme esaltando il loro modo di “essere”: impulsive, festaiole, artiste, modaiole o social, perchè la maternità e tutti i cambiamenti annessi possono essere affrontati con ironia. E Zazi, questa mamma elettrica e dolce, simpatica e non convenzionale, è un po’ la sintesi di noi due, mamma Luciana e zia Barbara”.

Luciana: “Lavoro come copywriter freelance presso due web agency, ma mi occupo anche di social management, parolona che ai più sembra parli di fuffa, ma che ha un senso. Da maggio scorso Zazi ha cominciato a prendere forma, sino a concretizzarsi e a divenire un’occupazione vera e propria. Tra le più grandi passioni c’è quella per il mare, l’Irlanda, dove ho vissuto prima di rientrare, la lettura e di conseguenza la scrittura, ma sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli, gironzolando tra mercatini delle pulci e negozietti vintage.”

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La cosa che più ti mancava e/o la cosa che più ti mancherà.

Barbara: “Andare in bicicletta, percorrere in sella la strada che mi porta al mare e vedere il paesaggio cambiare dall’odore delle erbe aromatiche a quello salmastro.”

Luciana: “La mia famiglia, senza ombra di dubbio, il mare in inverno, le marine silenziose e malinconiche, ma così belle da gustarsi in solitudine. I miei nipotini, all’epoca davvero piccoli, che non vedevo crescere. E poi la lentezza e quella sorta di “amore diffuso”, quel mix di ospitalità, tendenza all’aiutarsi anche se non ci si conosce, affetto smisurato, che accomuna i nostri paesini.”

Ci lasciate un pensiero per BaS…

Barbara – Luciana: “Grazie per averci dato modo di raccontare la nostra storia.
Speriamo che condividerla qui possa motivare qualcun altro e a convincerlo che i sogni vanno presi per mano e di petto!”

Una rete tra tornati al Sud potrebbe essere d’aiuto e supporto a chi torna?

Barbara – Luciana: “Si. Creare nuove sinergie tra risorse che abbiano competenze diverse e che possano condividerle e valorizzarle. Sapere che tutti, più o meno, abbiamo avuto difficoltà da superare una volta rientrati qui a Sud, aiuta a non sentirsi soli in un momento così delicato e tormentato qual è il ritorno.”

Cosa dovrebbe/potrebbe fare la rete BaS?

Barbara – Luciana: “Creare una rete, non solo virtuale, ma anche fisica, di luoghi a Sud in cui potersi incontrare, confrontare, spalleggiarsi e magari trovarsi a mettere assieme forze e creatività, al fine di dare vita a nuovi progetti, inediti e fantasiosi.”

Ci suggerite altri nominativi di Bentornati al Sud?

Barbara – Luciana: “Luna Laboratorio Rurale 🙂 ”

Marianna per BaS

Ilaria Caravaglio

Ilaria, Laurea Specialistica in “Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea” e Master in “Curatore d’Arte Contemporanea”, torna a Brindisi da Roma dopo 7 anni. Sorriso solare, sfrenata passione per il tango argentino, lavora come art advisor e curatrice indipendente. Ilaria, è finalista della prima edizione di MasterMind Italia (primo Web Talent Show basato sulla ricerca del posto di lavoro, sul marketing e sul business).

La sua intervista è stata una vera sorpresa per la spontaneità, l’energia e l’entusiasmo delle sue parole…

Foto IlariaPer quale motivo sei ritornato al Sud?

“In questi anni a Roma non ho mai accettato l’idea che la mia vita dovesse continuare in una città che, seppur meravigliosa, ti pone di fronte ad uno stile di vita troppo lontano da quello del nostro Sud, dove le giornate sembra che durino il doppio del tempo.

La voglia di rientrare portando con me l’esperienza accumulata negli anni fuori sede si è concretizzata giorno dopo giorno; era come se mi sentissi un po’ in debito con la mia terra…perché trovo che sia una terra che può offrire tanto e che merita che i suoi figli restino e la aiutino a crescere con il proprio contributo.

La mia, come quella di tutti i “bentornati”, è una vera e propria scommessa! Con la differenza che chi sceglie di tornare “scommette per vincere.

La tua valigia del ritorno è piena di…
La valigia è piena di esperienza e di consapevolezza delle proprie capacità. Non mi sento quella giovane che è partita tra pacche sulla spalla e frasi di incoraggiamento…oggi mi sento una professionista che è in grado di gestire il proprio lavoro mettendo in campo le proprie competenze.
In valigia ci sono inoltre tanta voglia di riscattare un territorio che amo, tanta buona volontà e molta fiducia in una rete, quella dei “bentornati”, che può cambiare la storia.

Complessivamente è stato un ritorno positivo o negativo? Ci puoi spiegare perché?
“Positivo. Il mio caso è diverso dalla maggior parte dei “bentornati”, poiché non sono tornata con un progetto preciso nella testa, ma ho semplicemente deciso che non potevo più temporeggiare e che avrei capito una volta tornata quale direzione prendere, certa del fatto che se si attende che arrivi il momento giusto per lasciare la patria adottiva, quel momento non arriva mai!

Fino ad ora ritengo che il mio sia un ritorno positivo, innanzi tutto perché ho rallentato molto rispetto al ritmo frenetico che avevo nella capitale, quindi la mia salute ne ha tratto subito vantaggio, e poi perché fin dai primi mesi ho seminato tanto, attraverso una rete di conoscenze e nuovi contatti, attraverso la partecipazione ad alcuni bandi per la cultura con la mia associazione culturale, ed ho posto le basi per continuare ad occuparmi di eventi culturali grazie all’apertura e disponibilità di tante persone sul territorio.”

Quali sono state, se ce ne sono state, le difficoltà del rientro?
“Ovviamente un cambiamento di vita così radicale, seppur desiderato, implica delle difficoltà nella fase di assestamento. Io non sono mai stata ferma, neppure un solo giorno, da quando sono rientrata. Mi sono tuffata da subito a capofitto in appuntamenti, sopralluoghi, conoscenze e tutto quello che poteva servire per aprire nuove possibilità.”

Di cosa ti occupi?
“Sono un curatore d’arte contemporanea, organizzo eventi culturali sia a livello privato che istituzionale (AttivArti). In questi anni ho realizzato che non è necessario servirsi di un museo o di una galleria per organizzare mostre ed eventi artistici, dunque questo nuovo modo di vedere le cose mi permette di proporre “finestre sulla cultura” in contesti anche non convenzionali.

Inoltre, quella che inizialmente era per me una passione, si è nel tempo trasformata in un secondo lavoro: il tango argentino; anche in questo settore ho iniziato ad organizzare qualcosa sul territorio e pianificare attività per i mesi invernali (Tango Levante).”

La cosa che più ti mancava e la cosa che più ti mancherà.
“Mi mancavano, nell’ordine, il mare, la famiglia, la qualità del tempo, la genuinità dei rapporti interpersonali.

Mi mancheranno la possibilità di scegliere ogni giorno tra mille eventi e attività che la capitale offre ed alcuni aspetti allegri ed un po’ comici dei romani.”

Ci lasci un pensiero per BaS…
“Più che un pensiero vi lascio i miei complimenti!
Una delle prime cose cui ho pensato al mio ritorno era proprio quella di creare un gruppo su un social network…pensavo ad un nome tipo “la fuga dei cervelli…e ritorno” …e poi ho scoperto voi, che avete fatto di meglio! Complimenti davvero!”

Una rete tra tornati al Sud potrebbe essere d’aiuto e supporto a chi torna?
“Assolutamente si! E’ utile perché ci si confronta, ci si aiuta, si hanno obiettivi comuni. Anche solo poter chiacchierare, chiedere un consiglio o un aiuto per sviluppare idee e progetti significa tanto.”

Cosa dovrebbe/potrebbe fare la rete BaS?
“Potrebbe strutturare una sorta di archivio delle risorse umane, con possibilità di ricerca sia per territorio che per competenze.”

Se hai dell’altro da raccontarci questo spazio è tutto per te!
“Ho notato una cosa in questo periodo: un comportamento agli antipodi tra chi è rimasto e chi è andato via ed ha scelto di ritornare. Da una parte una sfiducia ed un continuo lamentare la mancanza di possibilità, la voglia di cambiamento e l’offerta del territorio…dall’altra tutto il contrario! Quindi mi sento semplicemente di augurare a più giovani possibili di concedersi la possibilità di uscire dai confini del proprio territorio per avere davvero la possibilità di un confronto, così da poter apprezzare quello che si ha e scegliere di tornare per valorizzare questo nostro Sud!”

….Grazie Ilaria, il tuo Amore per il Sud ci ha emozionato e travolto in un elegante e passionale passo di tango argentino!

Marianna per BaS