Stefania Emmanuele, torna a Civita (Calabria) dopo più di 10 anni a Roma. Sceglie però, non il suo paese di nascita ma quello dei nonni paterni. Appassionata di cultura, arte, natura… crea un mondo “magico” che cerca di valorizzare la meravigliosa terra in cui vive attraverso l’ospitalità familiare a “Km zero”.
Questo il suo libero racconto:
“Il ritorno in Calabria è avvenuto visceralmente, senza grandi progetti e strategie, dopo più di un decennio trascorso a Roma. Ma il ritorno per me è stato ancora più intimo perché non ho riabitato la cittadina in cui ho vissuto per 18 anni, bensì il paese dei nonni paterni, dove da bambina mi recavo le domeniche e in cui i ricordi erano quelli del caminetto acceso, della merenda con pane e pomodoro e dei giochi pericolosi lungo le timpe di roccia.
Il mio ritorno è stato uno strano ritorno. Vivere in un villaggio di poche anime e ritrovarsi catapultati in una dimensione completamente opposta a quella di una grande metropoli. Ritmi lenti, giornate lunghissime, relazioni interpersonali dirette, ma paradossalmente chiuse, più chiuse di quanto potessi immaginare. I primi cinque anni a Civita sono stati come una startup della mia ragione di vita, piena di contrasti, conflitti ed esperienze difficili, in cui ho dovuto rielaborare quasi tutto di me e del mio ruolo nel mondo. Civita, tuttavia mi affascinava e mi affascina tuttora, nonostante sia esattamente il paradosso della mia personalità volitiva. E’ a Civita che ho iniziato ad alimentare la mia vena artistica e posso immaginare che questa nasca come estrema resistenza alla sofferenza, al sentirsi un po’ estranei e avulsi da una realtà che ti appartiene solo nel profondo. Mai come a Civita mi sono sentita incompresa e di questa sensazione di disagio ne ho fatto una condizione di vita e in un certo senso, senza pretese, un’opera d’arte. La mia casa nel 2008 è diventata un bed and breakfast (Il Comignolo di Sofia un po’ casa un po’ albergo) e dopo qualche anno è divenuta luogo di incontri e relazioni tra viaggiatori di diverse nazionalità; mi sembrava incredibile ed eccitante poter ospitare viaggiatori australiani, canadesi, americani, qui, in questo piccolo angolo di mondo. Mia figlia Sofia cresce in un piccolo paese di 800 anime, ma contemporaneamente vive e cresce a contatto di viaggiatori stranieri con cui si relaziona. E’ questo paradosso che trovo incredibile e affascinante; stare qui e contemporaneamente viaggiare stando fermi, se è vero che il vero viaggio è nella testa!
Il mio lavoro attuale è quello di insegnante di scuola primaria – l’unica “carta” da potermi giocare qui – un po’ inaspettato anche questo, dato che ho investito molto per costruire le mie competenze in marketing culturale e progettazione europea. Ma propormi come agente di sviluppo locale non ha sortito grandi soddisfazioni professionali, poiché non è un ruolo molto compreso nel Sud dei piccoli centri, dove gli enti sono “omnicompetenti” e sempre a corto di strategie di sviluppo locale. Dopo aver lavorato gratis per anni ho deciso di fare qualche passo indietro e utilizzare la mia abilitazione all’insegnamento, portando avanti una tradizione di famiglia di circa 3 generazioni. Il mio tempo quindi, è conciliare il mio lavoro di insegnante con l’attività del bed and breakfast che nel tempo è diventata anche organizzazione di piccoli eventi culturali e creazione artistica e artigiana di design autoprodotto. Le Case Kodra sono la mia passione. Si tratta di casette antropomorfe scoperte durante i primi anni a Civita dalle quali è nato un brand che sto sviluppando alimentandomi degli input dei miei ospiti, di mia figlia e degli amici. Casette che hanno un volto umano e che incredibilmente lungo 10 anni sono divenute un’attrattiva turistica e sulle quali ho pubblicato ben 3 edizioni di una guida tascabile che invita alla loro scoperta con un trekking urbano – “L’itinerario dei comignoli e delle Case Kodra”. L’appellativo Kodra celebra l’arte post cubista di un’artista albanese di fama internazionale, Ibrahim Kodra, conosciuto per caso nel 1996 e riemerso nei miei ricordi nel 2007, l’anno della sua scomparsa, in cui ho deciso di denominarle “Kodra”. Le casette ne evocano il suo messaggio poetico e provocatorio; Ibrahim Kodra era definito “Il primitivo di una nuova civiltà” e le casette antropomorfe rimandano ad un tempo quasi dimenticato, ma stupiscono per le loro espressioni chiunque le osservi. Le Case Kodra mi ricordano anche l’Urlo di Munch che è un manifesto all’indifferenza, la condanna della condizione esistenziale resa in pittura. L’urlo di Munch è suscitato da nulla e dal Nulla, proprio quel Nulla che sottende la calma apparente della vita quotidiana in un piccolo paese come Civita.
Rappresentarle ed interpretarle con tecniche artistiche svariate, dall’illustrazione su carta alla riproduzione su stoffa e terracotta, disegnate sui sassi delle nostre spiagge, è diventato il mio “tormento” preferito. Ho depositato il name “Case Kodra” e il design ed è in corso un progetto di sviluppo di un design autoprodotto e merchandising. Questo è il progetto di cui nutro le mie giornate in casa e il sogno da cui spero, molto presto, di dare un senso “creativo” al mio ritorno in Calabria.”
Stefania per BaS
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